La PEC, sanzioni per indirizzo inesistente o non funzionante

17 dicembre 2021

L'introduzione, la diffusione, il successivo obbligo di dotarsi di uno strumento che assume pieno valore legale aprono a diverse riflessioni e problematiche. Per le imprese e i professionisti essa costituisce il domicilio digitale, dunque, diventa ufficialmente un recapito legale che deve essere sempre attivo e funzionante. L'analisi dello Studio Marinari e alcuni casi presi in esame.

Tutte le comunicazioni hanno un valore. Abbiamo più volte analizzato il peso di ciò che si dice e, a maggior ragione, di ciò che si scrive, al di là del mezzo scelto, formale o informale, diretto o indiretto e il peso delle affermazioni che si fanno. Negli ultimi anni è stata cristallizzata la rilevanza della PEC, la Posta Elettronica Certificata ovvero il domicilio digitale che, rispetto ad ogni altro mezzo, ha pieno valore legale.

Una panoramica sulla normativa di riferimento e agli obblighi

Il Decreto Semplificazioni (il D.L. n. 76/2020 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 120/2020) ha introdotto un insieme di misure che sono andate ad incidere sul D. Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale) e su altre disposizioni di legge (ad esempio, il D.L. n. 185/2008 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2/2009) ponendo a carico dei professionisti tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi e dei soggetti tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese l’obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell’elenco INI-PEC e di verificarne il corretto funzionamento.

Questo per contrastare il fenomeno delle molte imprese che al fine di rendersi difficilmente reperibili ai propri creditori hanno, con diversi espedienti, di fatto reso non attivo, o comunque non funzionante, il proprio indirizzo di PEC. La posta elettronica certificata rappresenta ora, a tutti gli effetti, il domicilio elettronico dell’impresa, tant’è che nei testi normativi di riferimento le parole “indirizzo di posta elettronica certificata” sono state sostituite dalle parole“domicilio digitale”.

Il domicilio digitale viene così definito dall’art. 1 del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale) come quell’indirizzo elettronico eletto – verbo non casuale – presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio  elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, di seguito “Regolamento eIDAS”, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale.

Professionisti ed imprese dovranno, dunque, stare molto attente a verificare il corretto funzionamento del proprio domicilio digitale (ex PEC), non solo perché una comunicazione da PEC a PEC ha lo stesso valore di una raccomandata AR; ma anche perché un Avvocato potrà loro notificare atti giudiziari di rilevante valore economico su incarico di chi vanta, nei loro confronti, uno o più crediti.

Ma la cosa non finisce qui: in cosa si incorre senza PEC attiva

Qualora durante la vita di un’impresa venisse accertato che il domicilio digitale a suo tempo da questa dichiarato fosse inesistente o non funzionante o comunque diventato inattivo, il Conservatore dell’ufficio del Registro delle imprese chiederà all’impresa stessa di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro 30 giorni, decorsi inutilmente i quali disporrà la sua cancellazione dal Registro Imprese e avvierà la procedura sanzionatoria.

Oltre al pagamento delle sanzioni amministrative comminate per l’omesso adempimento pubblicitario - per le società sanzione ex art. 2630 c.c. raddoppiata (da 206,00 euro a 2.064,00 euro), mentre quelle in forma individuale ex art. 2194 c.c. triplicata (da 30,00 euro a 1.548,00 euro - , all’impresa inadempiente sarà assegnato d’ufficio, dalla Camera di commercio, un domicilio digitale che sarà reso disponibile tramite il Cassetto Digitale dell’Imprenditore, a cui le imprese potranno accedere dall’indirizzo impresa.italia.it, ma utile per la sola ricezione dei documenti.

E se l’impresa non effettuerà nemmeno l’accesso al domicilio digitale assegnato all’interno del proprio Cassetto Digitale, non potrà visualizzare gli atti e i documenti eventualmente provenienti da pubbliche amministrazioni e da privati che potranno essere qui notificati validamente, con tutte le conseguenze del caso.

Il caso di un’impresa insolvente: come comportarsi se si è creditori

Cosa può fare un creditore che deve riscuotere una somma non corrisposta da un’azienda irraggiungibile? Se il creditore – o il suo Avvocato – non riuscisse ad inviare una PEC o una notifica all’indirizzo scaricato dal Servizio Telemaco o dal Portale INI-PEC, allo stesso non resta altro da fare che inviare una raccomandata a.r. alla sede legale del debitore, o notificare l’atto a mezzo ufficiale giudiziario, segnalando l’anomalia al portale INI-PEC utilizzando l’indirizzo e-mail info@inipec.gov.it.

La segnalazione sarà girata alla Camera di Commercio territorialmente competente che provvederà alle opportune verifiche e all’aggiornamento della posizione relativa al mittente “non reperibile” al proprio domicilio digitale, con tutte le conseguenze del caso a carico dell’inadempiente. Non essere reperibili è un escamotage di breve, brevissimo respiro perché rimanda qualcosa di inevitabile, seppur con molte traversie: pagare il dovuto. In più danneggia irrimediabilmente la reputazione dell’azienda e crea nuovi problemi: chi può fidarsi di chi non paga e non risponde? Di chi non prova nemmeno a mediare, ma scappa? Che fiducia può avere nei normali momenti critici della vita di un’azienda o del lavoro? Nessuna.

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