La digitalizzazione. Quali effetti sulla prova in ambito civile?

29 aprile 2021

La digitalizzazione è uno dei fenomeni che contraddistinguono la nostra contemporaneità. Lo analizziamo nelle sue ricadute sul processo.

Con i miliardi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), il governo Draghi (di cui abbiamo parlato in merito all'uso del decreto) intende implementare la digitalizzazione della pubblica amministrazione (PA) e favorire la transizione digitale nel settore privato con incentivi per l'adozione di tecnologie innovative. Quanto sopra con un dichiarato duplice obiettivo: riparare i danni economici e sociali della pandemia, e affrontare quelle che si ritengono essere le debolezze strutturali dell'economia italiana.

Sportello unico doganale, digitalizzazione della catena logistica, Scuola cablata e dotata di aule didattiche di nuova concezione, telemedicina ecc., tutto passerà per l'on line. Tendenzialmente, dunque, in un futuro molto prossimo, praticamente domani, tutte le relazioni personali e commerciali si svolgeranno in digitale, per il tramite di mezzi quali SMS (Short Message Service), WhatsApp, Canali social e Mail.

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Veniamo al lato legale di questo processo storico irreversibile

Nel processo civile, a livello di prova in generale, quanto incide il passaggio dall'analogico al telematico?

L'art. 2697 c.c. espressamente recita: "Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provar i fatti che ne costituiscono il fondamento". 

Ciò significa che la decisione del Giudice può basarsi solo ed esclusivamente sugli elementi probatori forniti dalla parti nel corso del processo, nei termini e nei modi stabiliti dalle norme del Codice di Procedura Civile.

Tutto ciò che viene invece semplicemente "raccontato", senza l'apporto di prove dichiarative (testimoni) e/o rappresentative (scrittura private, atti notarili, documenti)  e/o di presunzioni (indizi gravi, precisi e concordanti), nella realtà processuale è come se non venisse neppure ad esistenza.

Nel processo civile, oltre ad essere gravate dall'onere probatorio le Parti hanno poi un obbligo ulteriore, quello di contestare, se non rispondenti al vero, i fatti che l'avversario pone a base delle proprie richieste.

Difatti, al comma 1 dell'art. 115 c.p.c. è dato legge: "Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti e dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita" ponendo così a  carico delle parti processuali un onere probatorio per così dire "aggravato".

Sul piano probatorio, è ai documenti in originale, o in copia  conforme, che l'ordinamento riconosce massima efficacia, seppure diversamente disciplinata a seconda che si tratti di atti pubblici o di scritture private.

Il documento cartaceo, la cui paternità viene attribuita tramite la sottoscrizione, era una volta quello più frequente. Con il passaggio al digitale, è oggi comparso il documento informatico, la cui sottoscrizione viene apposta digitalmente.

Solo la sottoscrizione con firma elettronica avanzata (qualificata o digitale) conferisce al documento informatico la stessa efficacia probatoria della scrittura privata (D. Lgs. n. 82/2005).

Il deposito in giudizio di un messaggio di posta elettronica (c.d. mail) privo  di firma elettronica  non potrebbe neppure essere considerato equivalente ad un documento sottoscritto da chicchessia, posto che in assenza di firma elettronica non si può avere nessuna certezza di provenienza e integrità dell'anzidetto messaggio (Cass. Civ. Sez. IV sent. del 06/02/2019, n. 3540; Tribunale Reggio Calabria Sez. I, sent. del 03/01/2019, n. 10).

D'altra parte, il messaggio informatico, anche se privo di firma elettronica, in quanto documento elettronico contenente la rappresentazione di fatti e dati giuridicamente rilevanti rientra pur sempre tra le riproduzioni informatiche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime (Cass. Civ. Sez. IV sent. del 14/05/2018, n. 11606)

Discorso analogo può farsi in riferimento allo short message service o SMS: anche in questo caso si tratta di una riproduzione di fatti o comunque dati giuridicamente rilevanti che, ai sensi dell'art. 2712 c.c., la giurisprudenza ritiene idonei a formare piena prova dei fatti e delle cose rappresentante, sempre che colui contro il quale è stato prodotto non ne contesti la conformità.

Comunque, per il caso di disconoscimento di conformità, il Giudice potrà sempre accertare la rispondenza del messaggio all'originale attraverso gli altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. (Cass. Civ. Sez. II sent. del 21/02/2019, n. 5141).

Tuttavia, qualora volessimo contestare il documento informativo prodotto dalla nostra controparte e privo di firma elettronica, giova la pena richiamare la sentenza della Cassazione del 17/07/2019, n. 19155 che confermando l'oramai consolidato orientamento giurisprudenziale ha ribadito che "Nel processo civile gli sms e le mail hanno piena efficacia di prova", chiarendo che "per il disconoscimento di queste comunicazioni, colui contro il quale esse sono prodotte deve dimostrare, con elementi concreti e in maniera circostanziata ed esplicita, la non rispondenza con la realtà".

La S.C. ha poi precisato che mentre in caso di scrittura privata il disconoscimento è soggetto a precise forme e limiti (artt. 214 e 215 c.p.c.) ed ha l'effetto di precludere l'utilizzazione del documento disconosciuto a fini probatori in difetto di verificazione (art. 216 c.p.c.), in caso di e-mail e SMS il disconoscimento è a forma libera (anche se deve risultare chiaro, circostanziato ed esplicito) e non impedisce che il Giudice possa comunque accertare la conformità al vero di e-mail e SMS con qualsiasi mezzo di prova, comprese le presunzioni.

In caso di e-mail e SMS, dunque, il mero disconoscimento non è sufficiente ad escludere l'efficacia probatoria dei documenti elettronici.

Spetterà al Giudice valutare la puntualità e chiarezza delle contestazioni mosse e, alla luce di tutto il materiale probatorio raccolto, giudicare circa la conformità al vero dei fatti rappresentati dalle riproduzioni elettroniche disconosciute.

Nel caso in cui, secondo il prudente apprezzamento del Giudice di merito, le e-mail e gli SMS risultino rappresentazioni fedeli di quanto accaduto, detti documenti potranno senz'altro essere utilizzati a fini probatori e su di essi potrà fondarsi la sentenza.

Un valido aiuto nel disconoscere una e-mail o un SMS potrebbe essere dato dal mostrare al giudice, nel corso di una CTU informatica, le modalità con le quali il messaggio in questione può essere creato da zero (la c.d “e-mail fake”)

Analogo discorso vale anche per gli screenshot. In primo grado il direttore di un giornale, nonché anche autore degli articoli oggetto del processo, veniva condannato per diffamazione, sulla base di una prova decisiva costituita da una copia cartacea delle schermate telematiche del sito internet. In seguito, la Corte di Appello annullava la condanna ritenendo non attendibile come prova documentale lo screenshot, perché non autenticata da un notaio. La questione è poi giunta all'attenzione della Suprema Corte che ha ritenuto assolutamente valida come prova documentale la copia cartacea dello screenshot, precisando che "i dati di carattere informatico contenuti in un computer rientrano tra le prove documentali e per l'estrazione di questi dati non occorre alcuna particolare garanzia; di conseguenza ogni documento acquisito liberamente ha valore di prova, anche se privo di certificazione, sarà poi il giudice a valutarne liberamente l'attendibilità."

Dunque, anche lo screenshot è un documento informatico valido come prova documentale e riconducibile alla categoria di cui all'art. 234 c.p.p.; di conseguenza per acquisire i relativi dati non è necessaria la procedura dell'accertamento tecnico irripetibile ma è sufficiente una semplice operazione meccanica che non modifichi il contenuto dei dati.

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