Il diritto di ritenzione

10 giugno 2022

Un approfondimento a cura dello Studio Marinari sul diritto di ritenzione, un diritto a favore del creditore.

Il diritto di ritenzione è quel diritto che sorge in capo a colui che ha conservato o migliorato beni mobili che gli sono stati affidati in forza di un contratto di prestazione d'opera. In altre parole, il credito sorto per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili è un credito di natura privilegiata che consente al prestatore d'opera (e creditore) di ritenere la cosa che si trova presso di lui fino al momento in cui il suo credito sarà soddisfatto. Presupposto necessario perché il diritto di ritenzione sorga - e possa essere esercitato legittimamente - è che il credito vantato, al pari di qualunque altro credito, dal prestatore sia certo, liquido ed esigibile.

Oltre al prestatore d'opera – come, ad esempio, meccanici, carrozzieri e artigiani (art. 2756 c.c.) –, beneficiano del diritto di ritenzione anche l'usufruttuario (art. 1011 c.c.), il depositario, il vettore, il mandatario e il trasportatore (art. 2761 c.c.) e anche l'avvocato.

Il diritto di ritenzione è stato pensato dal Legislatore come una forma di tutela, una speciale forma di garanzia di cui il creditore può beneficiare al fine di conseguire, in tempi ragionevolmente brevi, il pagamento di quanto gli è dovuto.

La ritenzione non deve essere tuttavia confusa con il possesso

Un corretto esercizio del diritto di ritenzione impone, difatti, a chi detiene il bene mobile, di non utilizzarlo come se fosse proprio, e di custodirlo in modo da conservarne l'integrità nel tempo (nel caso di un'autovettura, il meccanico – o il carrozziere – dovrà fare in modo che la stessa sia parcheggiata in un luogo sicuro, al riparo da eventuali azioni vandaliche di terzi e da eventi atmosferici che la possano danneggiare).

Ciò detto, chi non paga il suo carrozziere o il suo meccanico deve anche tenere presente che il terzo comma dell’art. 2756 c.c. prevede, come extrema ratio, quanto segue:

"Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno".

Se eccedi, rischi

Ma ci sono altri limiti che devono essere rispettati, superati i quali il creditore commette il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p., punito a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da mille a tremila euro.

Chi ha trattenuto la cosa altrui o ha convertito la detenzione in possesso (uso proprio) al fine di compensare un credito da lui vantato, o, per la stessa ragione, l'ha venduta a terzi, deve adottare un comportamento "specchiato" ossia deve avere provveduto a mettere in mora il suo debitore con uno o più avvisi a mezzo dei quali rendere assolutamente chiare ed incontrovertibili le conseguenze a cui il debitore si espone nel caso in cui persista a non pagare quanto si assume essere dovuto.

Se non vi è prova del fatto che il debitore fosse a conoscenza della pretesa del creditore per l'opera prestata (mano d'opera e costi sostenuti per i ricambi) ossia se non vi è prova che il credito sia liquido ed esigibile, e quindi determinato nel suo ammontare e non controverso nel titolo, non sarà possibile, per il creditore, evitare una condanna per abuso di prestazione d'opera ex art. 646 c.p..

Nel caso, invece, dell'usufruttuario, il diritto di ritenzione potrà dal medesimo essere esercitato nel caso in cui il proprietario non adempia al suo obbligo di rimborsargli le spese delle riparazioni eseguite (art. 1006 c.c.) e comunque fino alla concorrenza delle somme anticipate per il pagamento dei carichi imposti sulla proprietà durante l'usufrutto (art. 1009 c.c. e art. 1011 c.c.).

Anche nel caso delle riparazioni, o comunque delle eventuali addizioni o migliorie apportate al bene, tuttavia, graverà sull'usufruttuario l'onere di provare il consenso effettivamente prestato dalla proprietà alla loro effettuazione, e alla proprietà, se del caso, eccepire l'eventuale prescrizione decennale del diritto all'indennizzo.

Per quanto riguarda, invece, il vettore, se quest'ultimo mantiene la disponibilità delle cose oggetto del contratto di trasporto o di spedizione, in qualunque luogo di cui abbia la piena disponibilità (quindi anche prezzo sub vettori o depositari terzi), lo stesso può legittimamente ritenere un quantitativo di cose corrispondente all'ammontare del suo credito per i vari trasporti eseguiti in precedenza e non pagati, e conseguentemente far vendere le cosse, ovvero pretendere dai terzi il pagamento dei loro crediti fino a concorrenza del valore delle cose ritenute.

Condizione del legittimo esercizio del diritto di ritenzione, e conseguente privilegio, è l'esistenza di un unico contratto di trasporto o di spedizione, al quale le diverse e successive attività devono potersi ricondurre.

E l'Avvocato?

Quando il cliente gliene faccia richiesta, l'avvocato deve provvedere alla restituzione dei documenti da questi ricevuti per l'espletamento del mandato professionale, a meno che tali documenti non siano indispensabili ovvero assolutamente indispensabili per tutelare un proprio diritto in giudizio. E comunque, anche in questo caso, il diritto di ritenzione può essere opposto solo per il tempo strettamente necessario alla tutela di un proprio diritto.

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