DPCM e stato d'emergenza: dubbi di costituzionalità?

22 gennaio 2021

La pandemia ha costretto l'Italia a decisioni drastiche e talvolta impopolari come nel caso del lockdown. Queste misure eccezionali, che hanno comportato una compressione delle libertà inconsueta per uno stato democratico, sono state disposte con uno strumento, il DPCM, sollevando molti dubbi e contestazioni.

Il 2021 comincia come si è concluso il 2020: con limitazioni alle libertà dovuto allo stato di emergenza, prorogato adesso fino al 30 aprile. La pandemia ha costretto l'esecutivo a prendere decisioni drastiche come le chiusure totali, ovverosia il lockdown, oppure le chiusure differenziate a seconda della diffusione del contagio. Le restrizioni sono state disposte attraverso i vari DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri). Vediamo insieme di cosa si tratta e perché alcuni parlano di incostituzionalità.

Da sempre giuristi, costituzionalisti e filosofi della politica si interrogano su come debbano essere gestiti i casi eccezionali, le emergenze. E sebbene fin dal diritto romano, che contemplava la sospensione delle garanzie repubblicane di fronte a gravi pericoli, esistano dei dispositivi adatti a governare nello stato di emergenza è con il parlamentarismo e costituzionalismo moderno che essi vengono a definirsi e formalizzarsi.

A maggior ragione dopo le esperienze delle dittature e dei totalitarismi questi dispositivi, che prevedono comunque il ricorso non controllato e potenzialmente sbilanciato dei poteri in capo al presidente del consiglio, vengono fortemente circoscritti e comunque limitati ai soli casi di forte pregiudizio per la collettività.

Cosa sono i DPCM e perché Conte li utilizza tanto

Di rango inferiore rispetto alla legge, i decreti ministeriali non prevedono un passaggio parlamentare come i decreti-legge. Questi ultimi devono, infatti, essere convertiti entro 60 giorni perché i Costituenti hanno voluto comunque circoscrivere ad un lasso di tempo preciso e sono da sempre utilizzati per particolari esigenze che, per la natura di eccezionalità e urgenza, richiedono di superare le pastoie parlamentari.

I DPCM erano prima generalmente utilizzati per applicare o completare una data decisione, essendo appunto di rango inferiore alla legge ordinaria devono, infatti, ricollegarsi ad una legge precisa pena la decadenza. E in questo caso essi si ricollegano alla decisione di proclamazione dello stato di emergenza. La loro particolare natura, e quindi la velocità di emanazione senza ricorso al Parlamento, li rendono quindi uno strumento particolarmente utile e Conte lo ha dimostrato.

L'ipertrofia dei DPCM e l'incertezza nel loro utilizzo hanno attirato di contro forti critiche: e per il numero e perché, appunto, emanati dal premier senza alcun controllo del Parlamento. Annibale Marini, presidente emerito della Corte Costituzionale disse al ADN Kronos: "C'è un vizio nel fondamento costituzionale del Decreto della presidenza del consiglio dei ministri ed anche una irregolarità di contenuto".

Conclusioni

L'emergenza sanitaria in cui si è trovata l'Italia da marzo ad oggi, con prospettive di ben lunga e difficoltosa fuoriuscita, ha portato ad una torsione della Costituzione con conseguenze che, secondo molti osservatori, possono essere anche di lungo periodo. L'auspicio di molti tra i più autorevoli costituzionali è che la compressione delle libertà sia sempre motivata e circoscritta nel tempo, condizioni che non sembrano al momento ritrovarsi, ma del resto il pericolo che l'Italia si trova a combattere è tra i più subdoli e imprevedibili e la legge, per quanto autorevole, bella, ben scritta e riconosciuta, nella sua fissitudine, mal si adatta alle sue insidie.

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