Che dura la vita da api!

12 giugno 2020

Hai mai pensato a quanto siano utili le api? Sono fondamentali per tutto l'ecosistema, uomo incluso, ma la giurisprudenza in materia è ancora carente.

L'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura, meglio nota come FAO (Food and agriculture organization), nella Giornata mondiale delle api che si è celebrata il 20 maggio scorso ci ha nuovamente ricordato che le mele, le fragole, il pepe, le cipolle, il caffè e il cacao, insieme a molte altre specie di colture, si riproducono grazie alle api, e che senza le api molti dei prodotti alimentari che troviamo nei nostri supermercati senza di loro non esisterebbero.

Abbiamo così sentito e letto di apicoltura (QUI la nostra indagine sul settore), di pratica apistica, di apario, e ci è stato ricordato che in un'Italia sempre più sottoposta a fenomeni climatici imprevedibili assistiamo ad una crescente moria delle api dovuta all’uso di pesticidi, all'arrivo di nuovi parassiti, ai cambiamenti climatici. Ma le api, la cui esistenza è fondamentale per la vita di ciascuno di noi e, soprattutto, in prospettiva, per quella dei nostri figli e dei nostri nipoti, sono anche vittime di atti di vandali che si divertono a distruggere le arnie.

La giurisprudenza in materia

Tuttavia, quando qualcuno prende a calci le arnie ribaltandole, e procurando la morte di 90.000 api, morte soffocate, il Professionista al quale l’apicoltore si rivolge non trova molte sentenze favorevoli a quest’ultimo.

Le sentenze che nella sua ricerca il Professionista incontra, sono difatti per lo più sentenze che, ad esempio, dichiarano che “non vi é prova che la morte delle api fu causata dal Dimethoate (n.d.r. un anticrittogamico) (Corte d’Appello di Roma, sent. n. 3179/2008), o sentenze che sanzionano l'apicoltore, come nel caso di un alveare di oltre 40.000 api che finivano con l’infestare la proprietà del vicino la cui villa era risultata danneggiata con i propoli che le api ”lasciavano cadere sui terrazzi, infissi e parti esterne della villa” stessa (Cass., Sez. III, Sent. 22 marzo 2013, n. 7260). Questa ultima perché la responsabilità prevista dall'articolo 2052 del Codice civile si fonda, quanto ai danni cagionati dall’animale, sulla relazione oggettiva che collega l'animale a chi lo ha in proprietà od in uso.

Trattasi di un indirizzo giurisprudenziale consolidato. Difatti, nel 1991, in materia di proprietà, limitazioni legali, distanze tra costruzioni e fabbriche e depositi nocivi e pericolosi, la Cassazione così si pronunciava: “La disciplina delle distanze dal confine disposta dall'art. 890 Cod. civ. per le fabbriche e i depositi nocivi e pericolosi non è applicabile in via estensiva agli alveari, atteso che l'elencazione delle fabbriche, dei depositi nocivi e pericolosi contenuta in detta norma, pur avendo un valore puramente esemplificativo, non può essere estesa oltre il limite oggettivo costituito dalle fabbriche e dai depositi, né in particolare può includere attività che come l'apicoltura producano effetti diversi dalle esalazioni, infiltrazioni, esplosioni, vibrazioni ed altri effetti dannosi prodotti da macchinari. Tuttavia l'apicoltore, nella tenuta delle arnie, non può ritenersi esonerato dal dovere di prudenza che gli impone di collocare gli alveari a distanza tale dal confine, da impedire agli sciami l'invasione dei fondi contigui, restando l'esercizio di tale attività subordinato al rispetto del prevalente diritto alla incolumità e sicurezza delle persone.” (Cass., Sez. II, Sent. 16 ottobre 1991, n. 10912, massima ufficiale).

Infatti “questa particolare responsabilità oggettiva si applica a tutti i tipi di animali anche a quelli che non hanno propriamente un’utilità economica come possono essere ad es. gli animali di sola compagnia (cani e gatti); la norma si applica persino allo sciame d’api”  (Trib. FI, Sez. II, Sent., 7 Maggio 2020).

Vi è anche il caso di un Sindaco che “adottando un atto contingibile e urgente, ha ordinato, con il provvedimento (prot. 530) del 20 dicembre 1999 pubblicato all'Albo Pretorio il 15 febbraio 2000, il divieto di effettuare l'attività di apicoltura all'interno dell'area del territorio comunale avente un raggio di tre chilometri dal n. 27 di via Del Macchione, disponendo contestualmente di dare comunicazione al settore ambiente dell'avvenuto allontanamento delle arnie di api al di fuori dell'area comunale così descritta”.

Nel caso di specie, accertato che l'ordinanza del Sindaco era stata emanata per tutelare, solo ed esclusivamente, un singolo soggetto a rischio di shock anafilattico in caso di puntura d'ape, il T.A.R. Toscana annullava il provvedimento sindacale (T.A.R. Toscana, sent. n. 2695/2000); e condannava il Comune a versare in favore della Ditta la cui attività di apicoltura era stata vietata un risarcimento per le voci riferite alle perdite subite per l'anno 2000 (secondo quanto specificato dalla perizia di parte ricorrente) e al danno conseguente alla mancata fornitura di un quantitativo di api per un importo rispettivamente pari a euro 20.560,03 e a euro 25.826,48, oltre interessi e rivalutazione” (T.A.R. Toscana, sent. n. 262/2017).

Nulla invece in punto di danneggiamento di arnie o di sciami. Probabilmente perché con il decreto legislativo n. 7/2016, il legislatore ha depenalizzato diversi reati, tra i quali si annovera anche il danneggiamento semplice. E la fattispecie in questione non costituisce più illecito penale, e viene punita attraverso delle semplici sanzioni civili.

L'art. 635 del Codice penale titolato “danneggiamento” oggi difatti punisce, con la reclusione da sei mesi a tre anni, solo “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione del delitto previsto dall’articolo 331 c.p”.

Mentre l'abigeato ovvero il furto di animali, incluso tra i reati conto il patrimonio, riguarda la sola ipotesi di furto commesso su capi di bestiame – bovini od equini – , distinguendo il gregge o mandria dall’animale singolo (art. 625, comma 1, n. 8, Codice penale).

La strada da percorrere per conseguire una migliore tutela delle api e degli apicoltori é dunque ancora lunga: potrebbe passare dal valore economico-patrimoniale che hanno le api in quanto produttrici di miele; oppure dagli sciami d’ape rispetto al valore economico intrinseco ad essi rispetto al mantenimento in  essere delle colture che alimentano l’uomo; ed infine dall’affezione che può legare un uomo alle sue api, passando da una maggiore/migliore consapevolezza del valore di questi meravigliosi insetti!

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