Assegno bancario, tutto quello che dobbiamo sapere

18 settembre 2020

Dopo il primo approfondimento sull'assegno e sui rischi di cui dobbiamo tener conto, lo Studio Marinari propone un'analisi su come esso è contemplato nell'ordinamento.

Tecnicamente parlando, l'assegno è uno dei titoli di credito ammessi dal nostro ordinamento mediante il quale un soggetto che ha fondi disponibili presso una banca ordina alla banca stessa di pagare una certa somma a vista ad un beneficiario, il cui nome e cognome sono specificati nello stesso assegno.

Dell'assegno si occupa il Regio Decreto n. 1736/1933 (Disposizioni sull'assegno bancario, sull'assegno circolare e su alcuni titoli speciali dell'Istituto di emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia - Regolamento).

Recita l’art. 1 del citato Regio Decreto:

L'assegno bancario (cheque) contiene:

1)      la denominazione  di  assegno  bancario  (cheque)  inserita  nel contesto del titolo ed espressa nella lingua in cui esso e' redatto;

2)      l'ordine incondizionato di pagare una somma determinata;

3)      il nome di chi e' designato a pagare (trattario);

4)      l'indicazione del luogo di pagamento;

5)      l'indicazione della data e del luogo dove l'assegno bancario  é emesso;

6)      la  sottoscrizione  di  colui  che  emette  l'assegno  bancario (traente).

Di seguito, all’art. 2, troviamo poi le seguenti precisazioni:

Art. 2 - Il  titolo  nel  quale  manchi  alcuno   dei   requisiti   indicati nell'articolo precedente non vale come assegno bancario, salvo i casi previsti nei seguenti comma.In mancanza di indicazione speciale, il luogo indicato  accanto  al nome del trattario si reputa luogo del pagamento. Se più luoghi sono indicati  accanto  al  nome  del  trattario,  l'assegno  bancario  é pagabile nel luogo indicato per primo. In mancanza di  queste  o  di  ogni  altra  indicazione,  l'assegno bancario e' pagabile nel luogo in cui e' stato emesso, e, se in  esso non vi é uno stabilimento del trattario, nel luogo dove questi ha lostabilimento principale.L'assegno bancario in cui non e' indicato il luogo di emissione  si considera  sottoscritto  nel  luogo  indicato  accanto  al  nome  del traente.

L’assegno bancario è dunque un mezzo di pagamento alternativo al denaro contante che presuppone, da parte di chi lo accetta in pagamento, la fiducia nella solvibilità di chi lo emette e lo Stato, diversamente dalla moneta legale, non ne impone, per questo, l’accettazione a tutti.

Spesso, tuttavia, dell’assegno viene fatto un uso “improprio”. Capita, difatti, assai spesso, che il debitore, per rassicurare il creditore sul fatto che pagherà tutto quanto dovuto nel tempo concordato, rilasci a quest’ultimo un assegno “a titolo di garanzia”, con data e luogo di emissione in bianco o con data successiva alla scadenza convenuta per il pagamento del debito, con l’accordo che, qualora il pagamento del debito non avvenga per le vie ordinarie e concordate, il creditore potrà presentare l’assegno in banca per l’incasso.

Altrettanto spesso capita che l’accettazione, da parte del creditore, dell’assegno con data e luogo di emissione in bianco, o con data successiva alla scadenza convenuta per il pagamento del debito, perché il creditore stesso é convinto che un siffatto assegno costituisca titolo esecutivo, e che in caso di mancato suo pagamento, da parte della banca, lo possa poi utilizzare per agire esecutivamente nei confronti del debitore, pignorandone i beni, senza prima dover fare causa per ottenere il riconoscimento del suo diritto, o comunque senza prima dover promuovere un ricorso per decreto ingiuntivo.

Purtroppo, questa convinzione non è supportata dalla nostra giurisprudenza per la quale l’assegno, senza data o postdatato, è pagabile a vista e, quindi, non ammette l’apposizione di condizioni.

Gli sviluppi nella giurisprudenza

La Cassazione, più volte chiamata ad intervenire sul punto, ha difatti dichiarato che l’assegno bancario privo di data é nullo e non può valere come titolo esecutivo – quindi niente pignoramento - , ma al tempo stesso ha chiarito che il predetto assegno, pur essendo nullo, può comunque essere considerato una promessa di pagamento fatta dal debitore (traente) nei confronti del creditore (prenditore). In altri termini, il passaggio dell’assegno dal debitore al creditore viene dalla giurisprudenza interpretato come il frutto di accordo, come un contratto, a mezzo del quale il debitore (traente) si obbliga (promette) nei confronti del (al) creditore (prenditore) a (di) compiere una data attività: il pagamento di una certa somma a fronte di quanto dallo stesso creditore legalmente ricevuto (contratto di mutuo, compravendita di beni, compimento di una determinata attività ecc.).

In altri termini, per costante giurisprudenza, l’assegno rappresenta un ordine che il suo emittente rivolge alla banca perché questa paghi la cifra in esso indicata al suo prenditore (il beneficiario) e non c’é spazio né modo di apporre sul titolo una qualche condizione che ne modifichi la natura/funzione.

Del resto, la funzione di garanzia che verrebbe così impropriamente attribuita all’assegno é già prevista, e viene già svolta, dalla cambiale che, a differenza dell’assegno, sconta l’imposta di bollo: sotto il profilo puramente fiscale, emettere un assegno non esattamente compilato a titolo di garanzia deve dunque ritenersi vietato, perché di fatto concretizza un illecito tributario, un’evasione fiscale, in termini di mancato pagamento dell’imposta di bollo, seppure modesta, e comunque sempre sanabile con la procedura (amministrativa) di  “regolarizzazione del titolo”.

Nel caso, poi, dell’assegno postdatato, quest’ultima emissione potrebbe anche configurare, a carico del suo emittente (e debitore), il compimento di un illecito penale, se quest’ultimo ha fatto credere al creditore, con artifici e raggiri, che il conto é coperto o che per quella data lo sarà. Difatti, fingere in malafede una situazione non vera, di solidità economica non corrispondente alla realtà, integra un’ipotesi di insolvenza fraudolenta (Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17/12/2015) 22/01/2016, n. 3012).

Altro caso, piuttosto frequente, é quello dell’assegno sul quale la data é scritta a matita, o comunque con un altro mezzo di scrittura in tutto o in parte alterabile o cancellabile.

Anche in questo caso, la data deve considerarsi come non apposta ed il titolo, per quanto sopra già illustrato, nullo o, al più, valutato/valutabile come (semplice) promessa di pagamento (Cass. civ. sez. Lavoro, sent. 18/03/2009, n. 6524), proprio perché anche l’eventuale patto tra le parti circa la compilazione dell’assegno sottoscritto ad opera del prenditore (c.d. patto di riempimento) é stato concluso in violazione delle disposizione di legge che regolano l’emissione del titolo, e come tale é a sua volta nullo.

Inoltre, considerato che il n. 5 dell’art. 1 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 dispone che prima che l’assegno dalla disponibilità giuridica del traente passi in quella del prenditore deve contenere l’indicazione della data e del luogo dove l’assegno bancario stesso è emesso (da ultimo Cass. 30 luglio 2009, n. 17749; Cass. 31 gennaio 2006, n. 2160), “il giudice dell’opposizione all’esecuzione é tenuto a compiere d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel giudizio di cassazione, la verifica sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell’azione esecutiva, potendo rilevare sia l’inesistenza originaria del titolo esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, che – entrambe – determinano l’illegittimità dell’esecuzione forzata con effetto ex tun, in quanto l’esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell’azione esecutiva stessa” (Cass. civ., sez. III, 13/07/2011, n. 15363).

In ultimo, da non dimenticare che l’assegno ha una scadenza.

Difatti, il prenditore ha 8 (otto) giorni di tempo per incassare l’assegno se questo é su piazza, ossia se la banca del correntista é nello stesso Comune indicato nell’assegno, nell’apposito campo posto immediatamente prima di quello indicato per la data.

Se invece l’assegno è fuori piazza (il Comune di emissione è diverso da quello su cui insiste la banca dell’emittente-correntista) il termine è di 15 (quindici) giorni; più ampio ancora (60 giorni) se si tratta, invece, di Stati diversi.

Tutti i termini sopra indicati decorrono dalla data di emissione dell'assegno che è quella riportata sul titolo, nell'apposito spazio (art. 32 del Regio Decreto n. 1736/1933 - Regolamento).

Poiché una volta scaduti i termini per l'incasso il correntista potrebbe revocare alla banca l’ordine di pagamento, o denunciare lo smarrimento o il furto del titolo, è NORMA DI BUONA PRUDENZA NON LASCIARE DECORRERE INUTILMENTE GLI ANZIDETTI TERMINI.

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