
L'apicoltura ha importanti ricadute economiche: sono 62 mila gli apicoltori. La normativa italiana negli anni si è evoluta aumentando le tutele sugli operatori.
Il dolcissimo miele ma non solo. Cera d'api, pappa reale, propoli. Sono questi alcuni dei doni delle api all'uomo che sappia prendersene cura. Anche per questo l'apicoltura è un'attività in costante crescita. In Italia e nel mondo. La produzione mondiale di miele registra un aumento fino a toccare le 1,86 milioni di tonnellate (dati FAO). Cina, Turchia e Argentina comandano la classifica.
In Italia si contano oltre 62 mila apicoltori (dati del 2019). È il quarto paese per numero di alveari (1.380. 250) dopo Spagna, Romania e Polonia. Sono invece 217.489 gli sciami. Del totale degli alveari circa 390 mila stanziali e 556 mila nomadi. La netta prevalenza dell'apicoltura commerciale fa apprezzare quante siano le ricadute economiche positive del comparto.
A confronto con gli altri paesi europei gli apicoltori italiani hanno in media 27 alveari con una resa di circa 25 kg all'anno. Dai dati emerge inoltre che l'Italia importa molto più miele di quanto ne esporti.
La Toscana è una delle regioni con il maggior numero di alveari. Si trova infatti al quinto posto con 103.000 alveari totali dopo Piemonte, Lombardia, Sicilia ed Emilia-Romagna. I numeri emergono dalla Banca Dati Apistica Nazionale (BND) alla quale tutti gli apicoltori sono chiamati a registrarsi dichiarando quanti alveari detengano e dove siano posizionati.
La proliferazione di apicoltori e alveari contribuisce indubbiamente all'impollinazione e dunque a preservare l’ecosistema; ed è proprio per l'importanza riconosciuta, a livello mondiale, a questa attività che Stato e Regioni sono stati chiamati a legiferare sull'argomento.
E’ così che la Legge n. 313 del 24 dicembre 2004 all'art. 1 comm. 1 riconosce “l'apicoltura come attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale ed è finalizzata a garantire l'impollinazione naturale e la biodiversità di specie apistiche, con particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine”. L'apicoltura viene assimilata infatti all'attività agricola, disciplinata dall'articolo 2135 del codice civile.
Il testo individua poi una serie di obiettivi: dalla tutela del miele italiano, dei prodotti apistici e delle api italiane, controllando maggiormente quelli d’importazione (comunque in surplus) al contrasto all'uso di prodotti antiparassitari ed erbicidi in agricoltura. In linea programmatica si prevedono anche incentivi ai giovani che vogliano avviarsi all'apicoltura. Particolarmente interessante il passaggio all'art. 7 che identifica nettare, melata, polline e propoli “risorse di un ciclo naturale di interesse pubblico” rimarcando ulteriormente il valore delle api.
Ed anche la Regione Toscana, espressione di un territorio ricco di alveari, nei considerando della sua L.R. 27/04/2009 n. 21 fa del “Preservare la biodiversità delle specie apistiche ed in particolare dell'ecotipo toscano” uno dei suoi obiettivi, proprio perché le “api sono considerate fattori di tutela dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale.
Mentre nel 2010 la Regione Friuli-Venezia Giulia decide di mantenere il sostengo al laboratorio apistico regionale dell'Università di Udine (L.R. FRIULI VENEZIA GIULIA - Legge regionale 18 marzo 2010, n. 6), impegnato a fornire supporto tecnico ed informativo ai Consorzi di Apicoltori Regionali.
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